mercoledì 13 febbraio 2013

Il rischio ambientale in Italia: gli impianti industriali

fonte: Legambiente.it
Legambiente ha reso pubblico giorni fa, uno studio dal titolo "Ecosistema Rischio Industriale", sottotitolo Dossier sui comuni italiani dove sono presenti insediamenti a rischio rilevante.

Anticipando un commento conclusivo sui risultati, in via generale si può dire che siamo impreparati all'emergenza. Nella nostra Nazione, esistono più di 1152 impianti industriali di vario genere, che trattano quantitativi di materiali rilevanti, al punto che in caso d'incidente o malfunzionamento, potrebbero provocare incendi, nubi tossiche, contaminazione delle acque e dei suoli e pericolo antropico. Si tratta di impianti chimici, petrolchimici, depositi di gpl, raffinerie e depositi di esplosivi o composti tossici, che sono censiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in un inventario nazionale aggiornato semestralmente.

I Comuni interessati, sarebbero 739: di questi solo il 29% sarebbe preparato ad affrontare il rischio antropico derivato. È questo il triste dato che emerge dallo studio, che aveva il principale obiettivo di sondare la preparazione delle amministrazioni nel gestire le eventuali emergenze.

Legambiente ha infatti inviato un questionario specifico ad ognuno di questi 739 comuni interessati, in cui innanzitutto si cercava di appurare il grado di conoscenza degli impianti insistenti sul proprio territorio (processi produttivi, sostanza e materiali trattati, rischi derivati), e poi si verificava la risposta nella gestione dell'emergenza (campagne informative sui comportamenti da adottare, sistema di volontariato, etc) anche in ambito di pianificazione urbanistica.

Dati preoccupanti, come risultato dell'indagine statistica: 529 Comuni, risultano completamente impreparati. Tra i 210 che hanno fornito le informazioni richiesta, il 94% ha recepito dalle industrie i dati essenziali per valutare il possibile scenario d'emergenza, e l'86% ha anche individuato le aree soggette a rischio potenziale maggiore (secondo la normativa suddivise in "aree di sicuro impatto", "di danno" e "di attenzione"). Quello che allarma, però, è che sola la metà di questi, ha realizzato campagne informative rivolte ai cittadini, sulla gestione dell'emergenza e sui conseguenti comportamenti da adottare. Praticamente, soltanto il 10% (o giù di lì) dei Comuni a rischio, ha fornito ai propri abitanti, informazioni pratiche e puntuali su come riconoscere le condizioni d'allarme, su come gestire lo stato d'emergenza, in definitiva su come mettere in sicurezza la propria incolumità, abbinate ad esercitazioni sul campo ed incontri pubblici.

A rendere ancora più problematica la situazioni un ultimo dato: le strutture vulnerabili e/o sensibili, coincidono per il 18% con le scuole e per il 13% con centri commerciali. Aree sociali nevralgiche e di grande affollamento.

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