mercoledì 30 maggio 2012

Perché crollano i capannoni

Ho trovato abbastanza utile ed interessante, un pezzo sul CorSera di oggi, in cui il bravo Lorenzo Salvia racconta, in modo convincente e non troppo tecnico, il perché dei così tanto ingenti danni subiti dai capannoni industriali durante il terremoto che sta scuotendo l'Emilia in questi giorni.
Avvalendosi anche delle dichiarazioni di esperti come il Prof. Bernardino Chiaia, docente di Scienza delle Costruzioni al Politecnico di Torino, ci spiega dove sta le pecche di queste strutture, costruite per resistere più alle sollecitazioni verticali che a quelle orizzontali dei sismi.
Riporto tali e quali, alcuni passaggi (per leggere tutto l'articolo, il link è sopra).
 Shoe box , li chiamano gli americani, scatole di scarpe. Oltre alla morte, alle macerie e alle famiglie scaraventate nelle tende, stavolta il terremoto ha portato la paura dei capannoni, venuti giù come nemmeno le casette medievali. Cemento grigio, 1.000 metri quadri di media, in Italia ne abbiamo più di 700 mila. E di questi, secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia del Territorio, oltre 80 mila sono proprio in Emilia Romagna. Da lì vengono fuori merci che conquistano i mercati stranieri, il 30% diventa export. Solo da Modena e Ferrara arriva l'1% del nostro Pil, il prodotto interno lordo. Sono il cuore dell'economia di quella terra e dell'Italia intera, i capannoni. Rappresentano uno dei simboli di un Paese che lavora.
 Ma adesso ci accorgiamo che sono anche l’anello debolissimo di un patrimonio edilizio che già di suo non è il massimo della sicurezza. «Sono edifici molto semplici – spiega Bernardino Chiaia, professore di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino – formate da pochi pilastri e travi. Riescono a resistere solo a sollecitazioni verticali mentre in caso di sollecitazioni orizzontali, come quelle provocate da un terremoto, possono venire giù come un castello di carte». Castello di carte, proprio così. Sembrano le parole di chi ha appena sentito la terra tremare e sta tremando pure lui, di chi è scappato tra la polvere di uno di quei colossi venuti giù. E invece è il pacato ragionamento di un esperto del settore, che siede anche nel consiglio d’amministrazione dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Il punto è che le travi sono poggiate sui pilastri, a tenerli insieme è solo una cerniera, nulla di più. Se la terra trema, la trave può perdere l’appoggio del pilastro. E allora viene giù, insieme al tetto. Possibile? Possibile che strutture dove lavorano ogni giorno migliaia di persone siano fatte «seguendo il modello dei Lego», come dice un altro ingegnere, il bolognese Guido Cacciari con 20 anni di esperienza nelle zone sismiche?
Prima del 2003 quel pezzo di Emilia Romagna non era considerato zona a rischio. Solo dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia la cartina, in realtà pronta dal 1999, è stata modificata. Fino ad allora i capannoni sono stati costruiti come se la terra non avrebbe mai tremato. «Non c’è un problema di violazione delle regole – dice Gaetano Maccaferri, presidente di Confindustria Emilia Romagna – semmai una questione di aggiornamento delle regole. Ma non dimentichiamo che in questa zona l’ultimo terremoto forte risale al 1500. Chi poteva dirlo?».

Sì, forse la questione potrebbe essere anche stata semplificata per eccesso, ma in fondo rende l'idea...anche ai non tecnici.

Update
C'è anche questo video di Ferruccio Sansa, che parla con un po' di polemica, di quello che è stato fatto e soprattutto di quello che non è stato fatto, e di un rischio che grava sulla ricostruzione. L'Aquila docet...


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